Estratti critici

ESTRATTI CRITICI

Dostoevskij: il destino di uno scrittore, la libertà di una coscienza ( Aracne editore 2016) (…) Siamo chiamati a parlare di Camilla Migliori – regista teatrale, drammaturga e pittrice, con una quarantennale carriera alle spalle – e del suo coraggioso e appassionato confrontarsi con il creatore di Ivan Karamazov. Un dialogo ininterrotto che approda, per ora, a questa raccolta di tre testi teatrali basati sulla biografia e sulla poetica dell’autore. «Ne sono stata influenzata», confessa l’autrice, «coinvolta, a volte perseguitata e in ogni mio lavoro c’è una traccia che rimanda al pensiero del grande scrittore» (p. 5). Si tratta, ripercorrendolo di propria mano, del tentativo di illuminare il percorso spirituale dell’uomo Dostoevskij riverso nelle opere fino a coincidere con esse. Vorremmo dire, fin da subito, che si è altresì davanti a un esempio pregevole non solo di costruzioni dialogiche da parte di Camilla Migliori ma anche di un’ immersiva investigazione e trasposizione dell’autrice nell’autore, sia pure sotto le mentite spoglie di un narratore-personaggio. In questo senso, si potrebbe affermare che il contributo di Camilla Migliori alla comprensione del messaggio dostoevskiano sia anche questo: Fëdor è destinato a divenire il doppio autobiografico di ogni artista che abbia un altissimo concetto dell’arte, impossibile da svilire in mere indagini di mercato.(…) Fotogrammi di una vita è il primo e più cospicuo capitolo di questa trilogia. Vi sono rappresentate, con fluido montaggio, le più significative stazioni della vicenda biografica dello scrittore, inesauribili fonti d’ispirazione per le sue opere (…) Particolarmente pregnante è la messa in scena della differenza tra i due maggiori scrittori russi del tempo, Dostoevskij e Lev Tolstoj. Per l’autore di Anna Karenina, lo scontro tra Bene e Male può essere descritto solo oggettivamente, come frutto dei conflitti interni alle società mentre per Dostoevskij è il cuore umano l’unico vero «campo di battaglia» (p. 212) della guerra tra Dio e Satana (…) In Dostoevskij. Un uomo, una moltitudine, secondo tempo del trittico, protagonisti sono lo scrittore e i suoi personaggi, in un momento scenico onirico e metaletterario di grande suggestione. Qui emergono in straordinaria sequenza i nuclei tematici maggiori del suo pensiero. Colpisce particolarmente l’interrogarsi sul problema del Male e segnatamente nei confronti degli innocenti, che sembra sconfessare o di certo mettere in discussione i disegni divini. E non può non venire in mente la domanda principe che Primo Levi pone al mondo, quasi al termine della sua lunga riflessione su Auschwitz, nel capitolo Vanadio del Sistema periodico: «Perché i bambini in gas?». Infine, in Conversazione : da Dostoevskij a Tarkovskij, Camilla Migliori mette in scena un dialogo tra un editore affarista e uno scrittore iconoclasta di se stesso e dedito alla difesa del supremo senso dell’arte e non sarà casuale il riferimento a Tarkoskij, regista inviso al regime stalinista per la scelta di seguire la libera ispirazione contro il diktat di un’arte asservita alla costruzione dell’uomo nuovo sovietico. (…) (Daniele Orlandi, da articolo nel sito Petite Plaisance, recensione libri, marzo 2017) 

Dostoevskij: il destino di uno scrittore, la libertà di una coscienza ( Aracne editore 2016) (…) nel caso di Fedor Dostoevskij, scandagliato  non mediante la solita bio.pic  drammaturgica (del “grande genio” luciferino), ma frammentato, quasi delocalizzato in tre opere di teatro che potrebbero (possono) degnamente esistere di vita autonoma, comunque  “ottimizzate” in un progressivo  unicum editoriale. -Nella prima, ”Fotogrammi di una vita”,  si  ‘drammatizzano’,  con lineare sintesi  e scremature  cronologiche, i momenti  più tragici e decisivi della vita dello scrittore (…) L’invenzione esplicativa di un personaggio Il Narratore permette all’autrice di   ricostruire quasi “a freddo”  le relazioni sussistenti  fra Dostoevskij ed altri intellettuali del suo tempo  (Turgenev, Nekrasov, Tolstoj  peraltro mai incontrato), unitamente al  critico Strachov e all’ amico filosofo Solov’ev, donde emerge – a mio parere- non tanto la ricerca di “verità assolute” o “cristologiche” (alle quali Fedor si affiderà verso la fine della breve vita) quanto “l’ostinazione” nel volere e sapere costruire, con analitiche intuizioni antecedenti  l’esperienza freudiana, “trappole, rovelli ed ipotesi” di catarsi per il “semplice” gusto di affidarle ad altre forme di dannazione(…) -Più teoretico e probabilmente adatto ad una lettura anche solo ‘cartacea’ – pur sempre di forte impegno intellettivo- è il  il secondo testo, titolato  “Dostoevskij, un uomo una moltitudine” in cui  vengono assemblati, per cicliche scene e sequenza,  i nuclei tematici del pensiero dello scrittore.  Da cui estrapolare nuove ansie di espiazione  e successivi baratri di perdizione : religiosamente concepiti come anarchico impulso di hybris e deviazione (anticonformismo dell’ego?)  dal “governo del super-io” o dell’ ”io-etico” (…) -Terzo  ed ultimo testo è la breve  “Conversazione: da Dostoevskij a Tarkovskji”, in cui Camilla Migliori tenta (riuscendoci) di   attualizzare il pensiero dello scrittore “toccando”  il tema della finalità dell’Arte che non deve (dovrebbe) mai essere “oggetto di mercato o mercimonio”. Si entra pertanto nel cuore segreto ed alquanto “di tenebra” di un film come “Stalker” (traducibile in “inseguire furtivamente”),  le cui  sembianze di apologo fantascientifico tramandano  una sorta di “recondita preghiera” dell’humus  russo-poetico-centenario (…) (Angelo Pizzuto, da  Sipario Recensione Libri, febbraio 2017)

Quattro testi teatrali raccolti in un unico volume Crimini, Finzioni, Misfatti  (Ghaleb Edit0re 2016) storie ambientate in epoche diverse, in cui vengono calati temi e contenuti che trovano riscontro nella società contemporanea. Di cui l’autrice (che è anche regista di lungo corso) ha spesso e volentieri affrontato il dramma storico, incentrando i suoi testi su figure storiche rievocate con felice invenzione (…) I valori del sacro, il rapporto col potere,  l’intolleranza verso il diverso da sempre hanno attraversato la storia dell’umanità. Temi che ritroviamo nei quattro testi teatrali che l’autrice propone ad un pubblico colto e variegato, un viaggio nel tempo in cui i personaggi diventano un vero e proprio specchio della condizione umana, con le stesse debolezze, pregi, contraddizioni e speranze degli uomini di oggi. (Giovanni Antonucci, dalla Prefazione al libro)

Narrativa in scena (Edizioni Nemapress 2014) Roma, anni Ottanta. Una intera generazione sta riprendendo a leggere narrativa, dopo l’ubriacatura dell’Impegno Politico e dopo gli anatemi neoavanguardistici contro il Romanzo. E proprio il teatro svolse una preziosa opera di mediazione, con i suoi adattamenti da testi letterari… Dove l’adattamento non è un passaggio meccanico dalla pagina alla scena, ma tentativo di rileggere e ricreare il testo originario, di estrarne una verità meno ovvia, di decostruirlo secondo linee interpretative spiazzanti. La letteratura viene come trascinata fuori di sé e “collaudata” nello spettacolo teatrale, nell’impatto immediato con un pubblico lì presente, ben tangibile. Nei quattro adattamenti teatrali di Camilla Migliori emerge il progetto di messa in scena connesso ad una idea di interpretazione critica degli autori scelti. In ordine di apparizione le opere di H.J.C.Grimmelhausen, Voltaire, Fedor Dostoevskij, Hermann Hesse. Si tratta di adattamenti nati da occasioni e motivazioni diverse, eppure si potrebbe individuare un tema comune, o almeno un Leitmotiv, che circola in modo più o meno sotterraneo nelle loro pagine. La zingara vagabonda e truffatrice Coraggio si infatua di un personaggio fantasmatico, Simplicius. Candido idealizza una Cunegonda quasi solo letteraria (come la Dulcinea del Chisciotte). La Nasten’ka dell’ “intellettuale del sogno” che si aggira per San Pietroburgo, è una creatura forse inesistente. Lo scrittore Hesse guarisce da una debilitante nevrosi dopo l’incontro con un misterioso, inafferrabile personaggio. Tutti si confrontano con una ipertrofia (e patologia) dell’immaginazione, sigillati ossessivamente, in modo claustrofobico, dentro uno spazio mentale. E per tutti il teatro funziona come “terapia”. Alla fine ciascuno ritrova il bandolo della realtà agendo sulla scena, nella fisicità odorosa, acustica, polverosa del palcoscenico. Qui possiamo cogliere, accanto alla reinvenzione di una scrittura drammaturgica, un afflato “umanistico” dell’Autrice. I personaggi onirici, cartacei – fatti di ombra e di aria, come l’anima di Virgilio che nel Purgatorio Stazio tenta vanamente di abbracciare – improvvisamente si materializzano, e solo così riescono ad attingere l’evidenza abbagliante di una propria verità (nella quale anche noi possiamo rispecchiarci. (Filippo La Porta, dalla Prefazione al libro)

Ne La carriera di Edipo ( Petite Plaisance editrice 2015) i personaggi usciti dalla penna di Camilla Migliori sfuggono al determinismo dell’arché e trasformano l’equazione hegeliana tra razionale e reale in una strenua lotta contro i diaframmi congeniti di un’inevitabile trasfigurazione con l’autorità. Qui sta l’originalità – e la forza – di questo piccolo gioiello letterario: non appena ci si rende conto che l’immedesimazione con i mitopoietici personaggi consente sovrapposizioni ma non saldature. (Daniele Orlandi, dalla Prefazione al libro)

L’era del granchio (Lepisma editore 2014) è una raccolta di testi teatrali dall’impronta surreale, dove le vicende oscillano in moto continuo tra grottesco e dramma assurdo e paradosso, a sottolineare le contraddizioni e il disagio esistenziale dei personaggi, spesso vittime inconsapevoli di condizionamenti sociali e mediatici che ne impostano senza scampo la vita. La ricerca della felicità per loro, è nel possesso, nell’aderire a modelli imposto dai media e dalla pubblicità: riferimento indicatore del “ senso della vita” per alcuni appaiono mete difficili da raggiungere. Un’ironia, a volte amara e graffiante che si tinge di noir, ma anche di leggerezza in senso calviniano: sdrammatizza, crea attesa, spiazza, e anche per questo rende piacevole i testi alla lettura. ( Alma Daddario, intervista Globalpress, 2015)

Narrativa in scena (Edizioni Nemapress 2014) Scuola il ‘teatro immagine’, anche nel singolo perimetro delle esperienze e delle acquisizioni italiane. Sin da quando, nel  1984, con un personale ricordo legato alla mia frequentazione (romana) del Teatro In Trastevere ed a quello dell’Orologio iniziò ad occuparsi di rilevanti (mai enfatiche, mai pretenziose) trasposizioni di ardue e basilari opere letterarie ove il riappropriarsi della facoltà dialettica e dialogica della parola porta a maturazione un già ricco bagaglio di acquisizioni gestuali ed iconografiche(…) Sono quattro gli adattamenti o rivisitazioni drammaturgiche incastonate ne volume “ Narrativa in scena” con intento cronologico al solo fine di “sottolineare il cambiamento, nel corso del tempo, della mentalità umana e del suo diverso modo di rapportarsi non solo con la cangiante realtà circostante”, ma anche con “diverse, evolute, rivalutate dimensioni” attinenti lo scandaglio dei sogni, dell’inconscio e fantasie oniriche, rivelabili o meno: in ogni caso traslate in allegorie o metafore dell’ ‘indizio espositivo’ – elaborato nell’atto stesso del suo farsi teatro e work in progress. (Angelo Pizzuto, recensione pubblicata da  Articolo 21, 2015)

Con L’era del granchio (Lepisma editore 2014) Camilla Migliori ritorna a pubblicare scritti teatrali: monologhi e dialoghi su temi contemporanei. Tra il sorriso e l’amarezza tra le pagine si alternano le voci del disagio e dei contrasti, a volte comici a volte drammatici, pezzi di esistenze che non coincidono, conti di vita che non tornano, brandelli di storie quotidiane che sembrano fantascienza e che invece sono la nostra realtà. (Elena Siri, recensione on line teatro.it, 2014)

(…) nella recente raccolta de “Le donne e il loro dàimon” (Libreria Croce Editore, 2010) (…) la scrittura di Camilla Migliori, ha uno sussulto, uno scarto di esemplarità, di ambizione alle tematiche forti e d’ampio respiro, sia esso storico che di “vita vissuta”. Poiché, nella progressione di quattro copioni (per il teatro da rappresentare), si danno staffetta figure di donna dinamiche e propositive in epoche ed ambiti sociali non contigui, tuttavia omogenee nel manifestare etica e coerenza dinanzi agli strali di una “avversa fortuna” che necessita la loro testimonianze di dignità e sacrificio. Come ben sintetizza Mario Lunetta nella nota introduttiva al volume, si va dal medioevo di Beatrice di Tenda al tardo Ottocento della Contessa Lara, dalla opposizione di Anna Adelmi al fascismo – che ha appena usurpato ogni altro potere compensativo- all’ardua avventura artistica di Antonietta Raphael Mafai che si dilata dagli anni trenta del secolo scorso sino all’immediato dopoguerra. Tutte accomunate dal denominatore del mai  barattato rispetto di se stesse e dalla consapevole unicità della propria “ragione di esistere” in quel non differibile tempo e   determinato luogo. (…) Fluido, essenziale, egregiamente in sintonia tra accenti di lirismo ed altri di decantata asprezza il “dàimon” di Camilla Migliori raggruma scrittrici, giornaliste, poetesse che – come annota il regista Manfrè – “si aggirano nei loro secoli con animo forte ed in voluto contrasto con la loro coesistente femminilità”. (Angelo Pizzuto,  Inscena online 2011)

Il femminista di Camilla Migliori (Bevivino Editore – I drammaturghi del drago, 2012) Autrice di lunga esperienza e regista di spettacoli rigorosi, è una commedia ricca di ironia, che ci dà un ritratto di costume gustoso e malizioso di un femminismo che forse non è solo quello degli anni Settanta. Un fenomeno, quest’ultimo, rappresentato con senso del grottesco, con quella moglie abbonata alle assemblee accese delle femministe, dove anche le tecniche sessuali venivano codificate e le tentazioni omosessuali erano sempre presenti. Finita quella stagione, la protagonista torna alla routine coniugale, ma un coup de thèatre, che rivela l’estro e l’invenzione di Camilla Migliori, riaccende una fiamma che sembrava spenta. (Giovanni Antonucci, 2012)

Per motivi tecnici di Camilla Migliori (…) con un alternarsi ironico di situazioni e personaggi al limite del paradosso e un finale a sorpresa, la Migliori traccia uno spaccato del vissuto teatrale della fine degli anni ’70, quando, sugli entusiasmi dell’Avanguardia, piccoli e improvvisati gruppi tentavano l’avventura teatrale confondendo l’innovazione stilistica dei “padri” con una cialtronesca improvvisazione pseudo-creativa. Un ben costruito “amarcord”, affettuoso e distaccato al tempo stesso, che attraverso un linguaggio divertente e immediato riesce a rendere efficacemente l’atmosfera di un’epoca.” (Premio Siad/Targa “Claudia Poggiani”, Ridotto nn.4/5, 2009)

Con la paradossale Era del Granchio, Camilla Migliori ha stigmatizzato un aspetto diffuso della società del benessere: la ricerca del brivido dell’avventura costi quel che costi. (Ombretta de Biase, Ridotto n.6/ 2005)

Il miracolo di Santa Rosalia di Camilla Migliori, dalla scrittura divertente e nel siciliano comprensibilissimo della giovane attrice che interpeta la statua nel momento che sta per iniziare la processione… cosi divertente – dice Tatiana Farnese – che sono tornata a rivederlo…” (Dall’intervista su Cinecorriere.it  di Roberto Valentini  all’attrice Tatiana Farnese,2007)

Antonietta Raphael : artista nomade  di Camilla Migliori pubblicato ne “Il segno indelebile” Edizioni Laterza 2000  (…) fortissimi elementi di curiosità o presenza del passato nell’oggi, per esempio anche nel testo di Camilla Migliori, veramente un pezzo di storia dell’arte dialogato, riambientato, che restituisce perfettamente sia la grande artista nomade ebrea che dalla Lituania gira l’Europa, poi si stabilisce a Roma, diventa la mente della “scuola romana” – anche se tardi se ne sono accorti – ed è una grandissima scultrice, quindi grande personaggio del femminile; e tutto questo è ricostruito con una precisione storica, con una cura dei dettagli, che fa pensare che, insomma, si può fare il teatro con la  storia dell’arte (…) “ ( Franca Angelini, sala ” Bernini”, Roma, 2001)

Cumparuzzu  di Camilla Migliori (…) ancora pagina/teatro sulla pagina: teatro di evocazione/di visioni. Corpi d’ombra, di voci, di luci, di suoni, di fenomeni… Abbiamo volato in aria assieme a figure danzanti, acrobati, funamboli e giovani angeli sopra la testa dell’Inquisitore con  Carla Tatò, attrice, immersa nel  libro/ copione, evocando… Suor Maria Calandrino di Alcamo, terziaria: commercio col demone… Grazia La Giarraffa di Licata… negromante, chiromante, astrologa… così recita “Cumparuzzu” di Camilla Migliori nell’estate del ’97 al Teatro Gebel Hamed di Erice. E poi ancora lo scontro – incontro dell’Inquisitore con Caterina Caltagirone, vedova, in combutta col diavolo, otto testimoni l’hanno vista volare via di casa di notte verso il bosco… Misterioso duetto quello di Caterina e dell’Inquisitore danzante nella parola, nelle parole che si fanno favole, quotidianità, storie, ribellioni, per ombre ingigantite, per mutazioni continue e ancora per apparizioni e immagini (…)  (Carlo Quartucci  in “Accadde in Sicilia” A. Pellicani Editore, 2000)

Il testo  Beatrice di Tenda di Camilla Migliori racconta, con linguaggio moderno e ammiccante la tribolata vicenda della nascita dell’opera omonima. La scelta di questo linguaggio moderno – che accomuna I vari personaggi – se pur appartenenti ad epoche diverse, conferisce alla vicenda quella immediaezza d’impatto e quella modernità che una terminologia più arcaica ( o storicamente più corretta) non avrebbe permesso d’ottenere. La trama, oscillando fra la rievocazione storica e la pura invenzione fantastica, é arricchita da piacevoli spunti comici che si alternano a momenti più intimi e riflessivi dove l’autrice tocca tematiche importanti quail la situazione della donna nei secoli, la follia del potere, la condanna a morte della protagonista, la vita oltre la morte, e , non ultimo, il mistero che pervade e si irradia da ogni lavoro artistico, sia esso decretato o meno di successo. (Paola Gassman, madrina del Premio Vignoli, 2000)

Un delitto in via Sistina (Contessa Lara) di Camilla Migliori pubblicato in “Accadde a Roma” da Costa & Nolan,  (…) ci ricorda come sia ancora difficile far sentire una autentica voce femminile nel mondo della culture. La protagonista, la contessa Lara, è una scrittrice nota come poetessa “sdolcinata, decadente, imitatrice di D’Annunzio ” famosa più per i suoi amanti che per i suoi versi. Ma nell’Atto Unico che la vede protagonista, la poetessa rivela che in realtà è il mondo della cultura che la costringe a questo ruolo: ” Una bambola… una bambola che scrive versi… E’ questo quello che vogliono da me… redattori, lettori, tutti… una bella bambola che sappia far scandalo, che sappia attirare l’attenzione del pubblico… è così che farai vendere più copie al giornale che pubblica i tuoi versi…” Perchè una donna possa far sentire la sua voce in un mondo pubblico come quello della letteratura e del giornalismo, deve sapersi conformare alle aspettative di quello che è o che dovrebbe essere ” la scrittura femminile (…)  (Daniela Cavallaro docente di Storia del teatro Università di Auckland, New Zeland, dal saggio presentato al Convegno dell’American of Teachers of Italian, Crotone,1998)

Dostoevskij e Campo e battaglia il cuore umano di Camilla Migliori
(…) Dostoevskij a più voci. L’autrice ha compiuto una ricerca sui temi e sul linguaggio del narratore russo; ha scandagliato scrupolosamente la produzione maggiore… un’interessante operazione drammaturgica e teatrale in cui la Migliori dimostra, una volta di più anche le sue qualità registiche (…)
(Emilia Costantini, Corriere della Sera, 1987)

Le notti bianche  di Camilla Migliori (…) il sogno ti aspetta per cullarti, per distrarti, per distruggerti: Camilla Migliori estrae quest’indicazione succinta dalle ” Notti bianche” per costruire un adattamento e la relativa prova scenica, eccellenti, del racconto giovanile di Dostoevskij… la Migliori non è nuova all’impresa dell’ “adattamento” , il taglio è deciso, la vicenda del Sognatore e di Nasten’ka si gioca in uno strano equilibrio tra le mura illunate di Pietroburgo, fra il sogno e la veglia (…) (Maria Serena Palieri, L’Unità,1981)

(…) il Sognatore de Le notti bianche, da Dostoevskij drammaturgia di Camilla Migliori, è una figura fantasmatica che errabonda nelle incantate notti pietroburghesi, inseguendo appunto, i sogni che lo proiettano in una dimensione aliena, metafisica e senza i quali egli non potrebbe sopravvivere al soffocante, plumbeo, triste orizzonte del giorno.Tutto ciò è stato perfettamente reso da Camilla Migliori la quale ha adattato per il palcoscenico il testo dello scrittore russo, curandone anche la regia… Lo spettacolo ha il merito di serbare intatta l’atmosfera poetico-allucinata della narrazione (…) (Marco Palladini, L’Umanità, 1981)

L’ ultima lezione di Anna Adelmi  di Camilla Migliori: Anna Adelmi, scrittrice e giornalista di ” Libera parola” di Crema durante la prima guerra mondiale.  E’ passato del tempo sulle vicende vissute da Anna Adelmi (1897-1939), ma nulla cade nel retorico per quanto riguarda i temi fondamentali da lei affrontati: la scuola intesa come fonte primaria all’educazione all’apprendere la vita, e la dignitosa e consapevole coscienza civile per tutti, soprattutto per le donne, matrici comunque, in molti sensi, del fluire della vita. Nella proposta di Camilla Migliori tutto questo viene “drammaticamente” arricchito e reso intenso dall’interloquire tra madre e figlio lontani nel tempo ma vicini, in un intenso legame, dove le attese forse trovano le richieste cercate (…) (Mariangela Torrisi, insegnate e promotrice di attività culturali a Crema)

Un cuore che non trema  di Camilla Migliori (Borgia Editore, 2002) incentrato sulle vicende accadute a Viterbo, nel XII secolo, ci presenta un cronista improvvisato e poco attendibile  che si accinge a scrivere i fatti dell’epoca, illudendosi di guadagnare con la scrittura e risolvere così i suoi problemi di sopravvivenza: vengono redatte così  le cronache dell’assassinio di Enrico di Cornovaglia avvenuto durante il lungo conclave del 1271; sacrilego omicidio –  “in grembo a Dio”, come dirà Dante – in un torno di anni in cui si succedono fatti determinanti per il destino d’Occidente. Tra realtà storica e fantasia popolare, le improvvisate cronache evocano situazioni e personaggi che, se pur incentrati nel periodo del basso-medioevo, parlano all’uomo di oggi della violenza del potere, della responsabilità individuale dell’uomo, della crisi religiosa di un’intera società. (dalla presentazione dell’Autrice, 2002)

Vita dell’arcitruffatrice e vagabonda Coraggio da Grimmelshausen (…) nell’idea scenica di Camilla Migliori, il personaggio di Coraggio è sdoppiato e ridotto al simbolo: un grande feticcio quasi carnevalesco che sostituisce il carro brechtiano con la simbologia della donna in crinolina che passa attraverso la guerra raccogliendone addosso i detriti… il testo era ben calato sulla materia dell’originale a cui s’era voluto aggiungere qualcosa, e tra le larghe gonne di Coraggio faceva capolino contaminatorio anche il diavolo nella bottiglia stevensoniana (…) (Tommaso Chiaretti, La Repubblica, 1984)

                                                        RACCONTI BREVI

Effetto Mozart di Camilla Migliori(edizione Edilet 2008) (…) Io credo  che pochi al mondo, pensando a Mozart e alla sua musica , non lo vedano come un leprottino che saltella in una nuvola di luce. Impossibile pensare al suo concerto per clarinetto o a quello per flauto e arpa senza immaginare stuoli di angeli bambini rapiti ad ascoltare quei suoni celesti. Ed è appunto in cielo che Camilla Migliori ci mostra quel ragazzaccio irriverente capace di inondare l’universo con le sue note. ” Effetto Mozart” è il nome del primo racconto, che dà il titolo a tutta la raccolta. Si  esce da questo racconto con quel prurito sulle spalle che, dice Platone, l’anima sente quando cominciano a spuntare le ali. Ma non è così semplice. Neppure Mozart, come sappiamo, era semplicemente un leprottino. Queste ali che ci hanno portato vari metri sopra il mondo quotidiano, ora ci allontanano dal Paradiso, verso un zona infera dove sono rappresentati i più nascosti e impensati buchi neri del carattere umano. Così si fanno sorprendenti incontri con paradossali situazioni, ognuna delle quali potrebbe essere  il soggetto di un film di fantascienza, o della paura. O del disagio, del malessere. Della pena – Ciò che stupisce in questi racconti è la leggerezza distaccata, ironica, con cui queste stravaganze vengono osservate, come attraverso la lente di un entomologo. Quanto spesso il volo atterra in una realtà più usuale. Come agilmente si entra e si esce da stati mentali febbricitanti (…)  (Gianna Gemetti, 2011)

(…) Effetto Mozart di Camilla Migliori(…)una scrittura in controluce rispetto alla sua attività teatrale inevitabilmente sottostà a regole precise almeno per quanto riguarda le forme drammaturgiche intese in maniera classica, e che in qualche maniera aspira una via di fuga, di imboccare strade meno facilmente percorribili. La scrittura di C.M. si colloca in un ambito non maggioritario rispetto alla scrittura di oggi; la scrittura italiana ha dimenticato la straordinaria invenzione del fantastico. E da Manzoni in poi si è dimensionata in un registro mediorealistico. Certo non si dimenticano scrittori che hanno praticato una propria indagine di scrittura del perturbante, del fantastico di Calvino e di Manganelli che versa nel campo della trasgressione stilistica e avanguardistica Ma senz’altro qualcosa in questo racconti raccolti in “Effetto Mozart”  non sta dentro il flusso dominante degli umori dei lettori di oggi(…) (Marco Palladini, 2009)

(…) In Effetto Mozart c’è questa leggerezza densa, piena di spessore, che nasconde diversi piani paralleli di profondità, ciò che appare a prima vista semplice, poi rivela mano come levitando coscienza di chi legge prospettive multiple e progressive, si instaura una sorta di  giochi di specchi e rifrazioni, che ha  una forte radice  teatrale, e rileggendolo  si svelano nuove sfumature di senso, nuove istanze… prospettive (…) (Marco Onofrio, 2009)

Noie, paranoie, piccole manie  di Camilla Migliori (Editori del Grifo, 1992) (…) sottile, dissacrante, ironico, patetico… un testo ai limiti del teatro dell’assurdo, uno spettacolo tutto da gustare… una pièce tutta da analizzare!… Una sorta di soliloquio a più voci ove ciascun personaggio, resta chiuso in se stesso e nel proprio io dilatato fino allo spasimo e incapace di vedere l’altro da sé… Ad una buona dose di acume psicologico Camilla Migliori aggiunge dialettica e ritmo dialogico (…) (Silvia Batisti, Firenze, 1992)